Piano Casa: Italia, Francia e Spagna contro la crisi

A distanza di nove mesi dal varo del piano casa nazionale, sono arrivate le leggi regionali per l’attuazione di questo strumento sul territorio. Il clamore e il dibattito che stanno suscitando queste ultime, per come sono state interpretate le direttive del governo nelle diverse realtà locali, portano con sé tante considerazioni ma ci inducono anche a riflettere sull’effettiva efficacia di tale intervento. Per suo disegno e struttura il Piano Casa nazionale è stato colto dai vari governi locali, pur con le particolarità di ogni regione, quasi esclusivamente come mezzo per il rilancio del settore delle costruzioni, alla cui ripresa ci si affida con speranza per il rilancio di tutta l’economia nazionale.

Ma questa crisi, com’è noto, prima ancora che italiana è una crisi che ha investito il sistema delle costruzioni a livello globale. Per questo motivo è interessante sbirciare un po’ al di la dei confini nazionali, per cercare di rendersi conto di quali siano state le scelte di altri due Paesi europei che attraversano la nostra stessa situazione.

Una costante (da accogliere in maniera molto positiva) è stata la volontà di investire sul tema del rinnovamento termico e energetico degli edifici, con incentivi e agevolazioni importanti volti a facilitare la realizzazione e la riconversione delle abitazioni secondo i criteri di bioarchitettura e efficienza energetica.

Il governo francese ha puntato decisamente su questo settore, con il vaglio di prestiti a tasso zero per il miglioramento energetico sino a un massimo di 30.000 euro, prestito che può essere richiesto anche in caso di acquisto di prima casa. La stima del governo francese è quella di una manovra capace di produrre 400.000 ristrutturazioni all’anno che dovrebbero consentire un investimento di 120 miliardi e la creazione di 135.000 posti di lavoro.

Logo dell'Agence Nationale de l’Habitat (ANAH)

Questa strategia di rinnovamento energetico coinvolge anche il settore dell’edilizia pubblica con la creazione di un fondo di 200 milioni di euro gestito da l’Agence Nationale de l’Habitat (ANAH) allo scopo di finanziare la riqualificazione energetica del patrimonio residenziale pubblico e di rafforzare la lotta contro “l’habitat indigne”, in maniera particolare contro la precarietà energetica, e la riduzione del disagio abitativo nei quartieri più antichi. Questa politica dovrebbe essere in grado di portare al miglioramento di circa 100.000 alloggi in due anni e la movimentazione economica di circa 1 miliardo di euro.

Programme National de Rénovation Urbaine (PNRU)

La seconda importante manovra riguarda il “Programme National de Rénovation Urbaine (PNRU)” iniziato nel 2003 allo scopo di rinnovare i quartieri degradati trasformandoli in “zones urbaines sensibile” (ZUS), e oggi riattivato attraverso il rilancio di progetti che erano stati bloccati a causa della crisi finanziaria.

Sono stati sovvenzionati per questo programma quasi 12 miliardi di euro per 8 anni per progetti che riguarderanno la demolizione e ricostruzione di nuovi edifici sociali e nuovi edifici amministrativi pubblici, la riorganizzazione di spazi per l’attività economica, la creazione di strade e altri progetti volti al rinnovo dei quartieri. Questi finanziamenti,secondo l’idea del governo Sarkozy, vorrebbero accelerare il programma di rinnovamento urbano che dovrebbe avere un impatto molto positivo per gli abitanti dei quartieri inclusi nelle ZUS.

Oltrepassando Pirenei invece, il governo spagnolo ha varato il Plan Español para el Estímulo de la Economía y del Empleo, meglio conosciuto come Plan E. Il punto di partenza di questa manovra risiede sulla considerazione che la crisi economica abbia colpito profondamente il settore della costruzioni e principalemnte in termini di distruzione di impiego.

Scopo principale del Plan E, è quindi generare un forte impulso all’occupazione attraverso la creazione di due fondi principali: il “Fondo para Entidades Locales” e il ”Fondo Especial para la Dinamización de la Economía y el Empleo” che stanno agevolando la mobilizzazione di 11.000 milioni di euro e la creazione di 300.000 nuovi posti di lavoro.

Attraverso questi fondi, il governo Zapatero, ha intrapreso principalmente la via del rinnovamento delle opere pubbliche sostenendo tutte quelle imprese costruttrici e quei lavoratori coinvolti nella realizzazione di nuove strutture di pubblica utilità. Le opere finanziabili sono state individuate in un elenco al quale dovranno fare riferimento le varie entità locali, e riguardano soprattutto opere di riabilitazione dello spazio pubblico, edifici amministrativi pubblici e infrastrutture (rete viaria, illuminazione, rete fognaria, telecomunicazioni), costruzione, riabilitazione e miglioramento di edifici sociali, sanitari, funerari, educativi, culturali e sportivi, opere che permettono la soppressione di barriere architettoniche e, più in generale, tutte quelle opere che si contraddistinguono per il carattere produttivo e la speciale utilità sociale.

Plan Español para el Estímulo de la Economía y del Empleo - Plan E

Il Plan E, in sintonia con quanto fatto in passato per l’edilizia residenziale pubblica, introduce anche il “Plan Estatal de Vivienda y Rehabilitación“ un programma che si pone come obbiettivo quello di agevolare l’accesso per i cittadini al bene casa sia in regime di affitto sia per la compravendita, promuovere la urbanizzazione per le residenze pubbliche e migliorare il patrimonio abitativo esistente. Anche in questo caso l’obbiettivo è il miglioramento degli edifici da un punto di vista del contesto e dell’efficienza energetica, l’utilizzo di energie rinnovabili e di dispositivi di accesso per persone disabili.

Avranno precedenza e priorità gli strati sociali più in difficoltà come le famiglie con redditi più bassi, anziani, giovani, disabili, famiglie monoparentali o numerose, senza tetto e collettivi a rischio esclusione sociale. A favore delle imprese, invece è stato instaurato il fondo ICO, che consente un migliore finanziamento per la costruzione di VPO (Vivienda de Protección Oficial) attraverso la concessione di crediti sino a 5.000 milioni di euro.

La sostanziale differenza tra queste due manovre europee e il nostro piano casa nazionale sta nella scelta del nostro governo di affidare, in maniera quasi esclusiva, le possibilità di rilancio economico all’iniziativa privata tralasciando quasi completamente la possibilità di investire denaro pubblico su opere di pubblica utilità.

Persino il piano casa di edilizia abitativa varato con decreto del presidente del consiglio dei ministri il 16 luglio 2009, che pone come obbiettivo di realizzare 100.000 nuovi alloggi in cinque anni ha molto più ha che vedere con la proprietà privata che non con la pubblica utilità. Seppur vero che tali alloggi saranno principalmente destinati alle categorie sociali più svantaggiate, risulta quanto meno contraddittoria la scelta di dare gli alloggi in locazione a canone sostenibile consentendone però la vendita dopo 25 anni (10 nel caso ci sia patto di futura vendita). Viene vanificata in questo modo la possibilità di incrementare il patrimonio edilizio pubblico, che ricordiamo vedere l’Italia tra i fanalini di coda in Europa con il solo 5% del totale.

In conclusione potremmo dire che a livello statale ciò in cui veramente più è carente l’iniziativa  anticrisi sull’edilizia del governo italiano è la totale mancanza di interventi sul reale problema abitativo della nostra società, che non consiste soltanto in un incremento del patrimonio edilizio da destinare al sociale ma sopratutto in strategie tali da consentire alle fasce più deboli l’accesso al bene casa. Oggi questa categoria abbraccia una quantità sempre più ingente di persone, tra cui soffrono particolarmente i giovani alle prese con l’acquisto della prima casa e gli anziani alle prese con alloggi che non possono più permettersi. Non si tratta quindi solo di mera costruzione ma di ripensare profondamente il significato di fare residenza sociale in Italia.

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La costa al collasso

Siamo tutti turisti. Secondo alcuni intellettuali il fenomeno turistico è uno dei fenomeni che meglio ci aiuta a comprendere e definire la società contemporanea. E uno dei più redditizi, osservando che l’industria turistica (con tutta la complessità che questa affermazione comporta) è considerata la seconda a livello mondiale per fatturato.

La Sardegna è indubbio avere una forte vocazione turistica, inutile negare, grazie alla configurazione del suo territorio e alle sue coste ancora in gran parte naturali. Anche se oggi la politica turistica sarda prevede un epocale cambio di rotta, fino ad oggi il turismo nell’isola è stato un turismo legato alle sue aree costiere, al loro godimento e sfruttamento.

Fortunatamente, da questo punto di vista, la nostra isola si trova oggi in una posizione privilegiata rispetto ad altre aree costiere, per il gran numero di chilometri di costa non ancora interessate da fenomeni di urbanizzazione ed eccessiva antropizzazione.Si trova quindi in condizione di poter affrontare il fenomeno dell’utilizzazione delle aree costiere da un punto di vista contemporaneo, senza compiere gli errori compiuti in precedenza da altre coste che già anno affrontato tale fenomeno.

Un caso emblematico è rappresentato dalla Spagna, il secondo paese al mondo per numero di turisti annui, il cui 12% del PIL nazionale è dato dal turismo, basato per l’80% sul cosiddetto sol y playa, il turismo balneare. Le coste spagnole, soprattutto quelle mediterranee sono quindi quello che si può considerare il laboratorio europeo dove si è sperimentato in modo massiccio le potenzialità e i rischi di questo fenomeno

Un reportage apparso sul quotidiano El Pais nel novembre dello scorso anno, ci aiuta a vedere lo stato delle coste odierno della costa spagnola, con un approfondimento sulle diverse provincie interessate dal fenomeno (Murcia, Malaga, Alicante, Almeria e Granada, Valencia, Baleari, Catalogna, Cadice, Huelva, Canarie)

Galleria fotografica sulla distruzione del litorale delle Isole Baleari

Galleria fotografica sulla distruzione del litorale di Cadice

Galleria fotografica sulla distruzione del litorale di Huelva

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